A differenza di quanto alcuni titoli di giornale fanno credere, gli scontri in volo sono un’eventualità praticamente fuori discussione: perché si realizzino bisognerebbe ignorare ogni sistema di allerta disponibile.
Ogni velivolo deve avere, attorno a sé, un margine di spazio libero di 14 km di raggio e 300 metri in altezza, una sorta di “bolla” in cui nessun altro può volare. I voli si muovono seguendo percorsi predefiniti chiamati aerovie, corridoi aerei simili ad autostrade dei cieli.
I diversi aerei, inoltre, vengono incanalati a diverse altitudini, su “strati” chiamati livelli di volo, con quote pari per i voli che vanno in direzione ovest, e dispari per quelli diretti ad est. In questo modo si è certi che due voli che operano sulla stessa rotta ma in direzioni opposte, non si trovino mai alla stessa quota, e che le “bolle” di sicurezza vengano rispettate.
Inoltre la tecnologia arriva dove l’attenzione umana può far cilecca. I sistemi di sicurezza di bordo sono in grado di allertare entrambi i piloti che si trovano a pochi km di distanza. Infatti anche volando a 850 km orari, ogni aereo ha 30 secondi di tempo per modificare la sua rotta prima che si dovesse verificare una collisione. Tra i 20 e i 25 secondi da un eventuale impatto, i due TCAS (Traffic Alert and Collision Avoidance System), (dispositivo radio che avverte i piloti della presenza di vicine aeromobili e che trasmette costantemente la posizione, l’altitudine e la velocità del velivolo agli altri nei dintorni); presenti sui vettori, non aspettano più e organizzano insieme una manovra di emergenza: il pilota riceve istruzioni precise su cosa fare: in genere si tratta di aggiustamenti di quota, salire o scendere.
I rarissimi casi di collisione si verificano quando il pilota ignora questo sistema di allarme. Il dispositivo non ordina mai di virare, ma solo di spostarsi verso l’alto o verso il basso. Se però il pilota dovesse vedere pararsi un ostacolo davanti a sé, deve virare sempre sulla destra.