Non è un bel momento per le compagnie aeree

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L’aumento del costo del carburante e la mancanza di piloti

I molti fallimenti dell’ultimo anno, come spiega anche il noto sito specialistico Air Transport World hanno una cosa in comune: hanno coinvolto compagnie nate da relativamente poco, che hanno cercato di crescere velocemente e che hanno provato a passare dai voli charter ai voli di linea, e dalle tratte brevi a quelle a lungo raggio.

L’aumento del costo del carburante nel corso dell’ultimo anno ha avuto il ruolo principale in questa crisi, ed è stato dovuto fondamentalmente alla riduzione della produzione di greggio decisa da alcuni paesi dell’Opec (l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio): ciò ha causato l’aumento del prezzo del greggio che è arrivato a toccare quota 72 dollari al barile, il 18 per cento in più rispetto ad un anno fa.

La crisi di oggi non è paragonabile a quella del 2008, che provocò il fallimento di oltre 60 compagnie aeree in tutto il mondo, ma per le piccole non sarà meno dolorosa. Se infatti le compagnie più grandi in questi mesi hanno saputo resistere all’aumento del costo del carburante, anche grazie agli ottimi profitti avuti negli ultimi anni, per le piccole invece si è trattato di un ostacolo in molti casi insuperabile. La soluzione sarebbe alzare le tariffe dei voli, come hanno fatto quasi tutte le compagnie aeree nel 2018, ma in molti casi le più piccole non riescono nemmeno a coprire le spese per comprare il carburante necessario.

Il carburante però non è il solo problema che le compagnie stanno affrontando in questo periodo. Nel 2017 il numero di passeggeri ha superato gli 8 miliardi, come mai era successo prima, ma se la richiesta di voli è sempre maggiore a mancare sono proprio i piloti. Boeing, stima che nei prossimi venti anni serviranno 635mila nuovi piloti per i voli commerciali, ma addestrare nuovi piloti richiede molte ore di volo, e nel frattempo quelli che sono già abbastanza esperti sono pochi e molto richiesti dal mercato.

Ad approfittarne della crisi saranno quindi proprio le compagnie che operano su corto raggio, come Ryanair, e quelle più grandi che hanno una solidità finanziaria tale da resistere all’aumento delle spese. Le compagnie più grandi saranno inoltre facilitate dal fallimento di quelle più piccole perché avranno meno concorrenza sul mercato. Questo potrebbe portare a nuove fusioni, dopo quella già avvenuta nel 2017 in seguito al fallimento di Air Berlin, la seconda più grande compagnia aerea tedesca, rilevata dalla sua diretta concorrente, Lufthansa.