La beffa del supplemento carburante: perché volare costa sempre di più?

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Non è una novità, come tutti sappiamo le compagnie aeree devono affrontare il costo del cherosene che pesa per il 25-30% sui costi totali, oltretutto devono ostacolare i prezzi variabili del barile. Da qui nasce il ben noto supplemento carburante che tutti i viaggiatori più o meno frequenti conoscono. Da vari mesi ormai, tale costo è aumentato e le compagnie, durante il convegno annuale della Iata, hanno di fatto spiegato l’aumento dei costi dei biglietti aerei ma c’è un ma; la maggior parte dei vettori, soprattutto per accaparrarsi il carburante a prezzi ribassati, ricorrono al fuel hedging, ossia un contratto in cui si acquista un tot di carburante ad un prezzo bloccato per diversi mesi e fino a 1 anno e mezzo. In poche parole il carburante che ora le compagnie starebbero usando dovrebbe essere stato acquistato prima di gennaio, periodo in cui i prezzi dello stesso hanno iniziato il percorso in salita, ma nonostante ciò i biglietti costano di più.

Tutto ciò cosa comporta? Ad agosto 2018 rispetto al gennaio 2016 il supplemento è passato da una media di 188 a quasi 260 euro (+37,9%) nei voli Milano-New York-Milano, da 57 a 83,9 euro (+47,2%) da Milano a Mosca e ritorno, da 30 a 63,5 euro (+111,7%) nei collegamenti con Londra. In quest’ultimo caso le particolarità non mancano: se il costo finale si somiglia, Vueling e British Airways non fanno pagare il supplemento, mentre Alitalia richiede 84,5 euro (che si riducono a 62,25 euro a ottobre).

Dove questo aspetto è regolato (come in Giappone) il costo è identico e le compagnie locali sono obbligate a pubblicare le variazioni: per chi prenota fino a oggi, per esempio, il supplemento per tratta va da un minimo di 3,85 euro (dentro il Giappone, Corea del Sud) a un massimo di 80,79 euro (verso l’Europa, il Nord America, il Medio Oriente e l’Oceania).